Un bagliore di luce individuato da una sonda spaziale orbitante intorno al pianeta potrebbe risolvere un enigma planetario.
29-01-2021 11:02 - News

Il 1° marzo 2020 l’unico veicolo spaziale orbitante intorno a Venere – la sonda spaziale giapponese Akatsuki – ha rilevato un misterioso lampo nei cieli alieni del pianeta. Questo bagliore di luce potrebbe fornire prove fondamentali per la ricerca che da 40 anni cerca di risolvere un misterioso enigma planetario: su questo pianeta avvolto dalle nubi si creano i fulmini?
Fonte: National Geographic - ROBIN GEORGE ANDREWS
I fulmini sono presenti in tutto il sistema solare: vari veicoli spaziali hanno rilevato fulmini extraterrestri nelle nuvole di Giove, Saturno e Urano. “Ci aspettiamo che i fulmini siano presenti anche nelle dense nubi di Venere”, afferma Noam Izenberg, geologo planetario presso la Johns Hopkins University e vicepresidente del Venus Exploration Analysis Group (Gruppo di analisi dell’esplorazione venusiana, NdT).
La notizia del lampo visto dalla sonda spaziale Akatsuki – che in giapponese significa “alba” – è stata rivelata dal planetologo Yukihiro Takahashi dell’Hokkaido University in occasione dell’incontro dell’American Geophysical Union di quest’anno. Il team di Takahashi ritiene che si sia trattato di un potente fulmine – circa 10 volte più forte rispetto ai fulmini sulla Terra – o dell’esplosione di un grande meteorite nell’atmosfera del pianeta.
Il lampo è stato individuato dalla Lightning and Airglow Camera del velivolo, strumento che scansiona le nuvole di Venere da cinque anni, e che solo ora ha rilevato un primo bagliore di luce. È uno dei segnali più promettenti sulla presenza di fulmini su Venere, ma il team sta ancora analizzando i dati, e i membri hanno preferito non parlare della ricerca prima della sua pubblicazione in un articolo sottoposto a revisione.
“L’esistenza di fulmini su Venere è stata una questione controversa per molti decenni”, ha affermato Takahashi durante il suo discorso.
In passato sono già state rilevate prove interessanti in merito ai fulmini venusiani, dagli impulsi elettromagnetici misurati da veicoli spaziali ai segnali di luce osservati dalla Terra. Ma ogni volta gli scienziati si sono chiesti se i segnali provenissero effettivamente da fulmini oppure da altre fonti, come flash di particelle dallo spazio profondo noti come raggi cosmici, o da interferenze create dalla strumentazione scientifica stessa.
Per poter identificare la sorgente del recente lampo, gli astronomi sperano di vederne un altro. “È tutto molto affascinante, e il team sta lavorando per escludere altre possibili cause del bagliore”, afferma Izenberg, che non è coinvolto nella nuova ricerca. Ma “l’unica vera prova sarà vederlo di nuovo”.
Se il lampo fosse stato un fulmine, la sua scoperta rappresenterebbe un passo importante verso la decifrazione della natura misteriosa delle dense nubi di Venere, e fornirebbe un indizio in merito alla possibilità che tale ambiente possa supportare la vita. “[I fulmini] possono scomporre gli atomi, creando radicali liberi che si ricombinano e formano molecole che altrimenti non si otterrebbero”, afferma Colin Wilson, planetologo presso l’Università di Oxford.
Fischi nel maelstrom
Gli scienziati cercano segni della presenza di fulmini su Venere da circa mezzo secolo, tramite osservazione per mezzo di telescopi e monitorando l’attività elettromagnetica con sonde spaziali. La sonda spaziale Cassini della NASA, che può facilmente localizzare i fulmini sulla Terra, è passata due volte vicino a Venere alla fine degli anni ’90, durante il suo volo verso Saturno, e non ha rilevato nessun lampo luminoso.
Ma esistono indizi precedenti. Alcuni dei lander del programma sovietico Venera, lanciati tra gli anni ’60 e ’80, registrarono segnali sospetti sui sensori magnetici e acustici. La sonda degli Stati Uniti Pioneer Venus Orbiter ha rilevato scariche energetiche negli anni ’80, così come la radio della sonda Galileo, diretta verso Giove nel 1990. Anche l’osservazione dalla Terra attraverso un telescopio ha registrato diverse deboli macchie luminose su Venere, a metà degli anni ’90.
“Nessuno di questi indizi è stato completamente convincente”, afferma Karen Aplin, fisica presso l’Università di Bristol che studia i fulmini planetari. “In generale, è stato difficile escludere la possibilità di altre spiegazioni”.
Il veicolo dell’Agenzia Spaziale Europea Venus Express, che ha orbitato intorno al pianeta dal 2006 al 2015, ha registrato molte onde radio “whistler” (dall’inglese whistle, fischio) provenire dal pianeta. Sulla Terra, questi segnali – menzionati dagli operatori radio durante la Prima guerra mondiale che sentivano suoni simili a fischi e temevano che potessero essere granate in arrivo – possono essere generati dai fulmini.
Tuttavia “le onde whistler possono essere generate da qualsiasi tipo di instabilità o disturbo all’interno dell’atmosfera”, afferma Shannon Curry, fisica planetaria presso l’Università della California a Berkeley. Venere e Marte emanano regolarmente questo tipo di onde, ed è possibile che questi segnali provengano da fulmini elusivi, ma gli astronomi non possono esserne sicuri.
Vedere per credere
La maggior parte delle ricerche dei fulmini a livello visivo, ovvero la ricerca di lampi visibili, non ha prodotto risultati. Una possibilità, afferma Wilson, è che “la sorgente da cui si origina il fulmine sia sotto la parte superiore delle nuvole, il che significherebbe che le onde radio vengono emesse ma gran parte della luce rimane bloccata al loro interno”.
La sonda spaziale Akatsuki è in grado di ricercare deboli bagliori di luce che riescono ad attraversare le nubi di Venere. Tuttavia, a causa di un malfunzionamento del motore, il velivolo non è riuscito a entrare nell’orbita di Venere nel 2010, e ha dovuto girare intorno al sistema solare per poi riprovare nel 2015. Sebbene al secondo tentativo la sonda Akatsuki sia riuscita a entrare nell’orbita di Venere, ha dovuto effettuare un’orbita molto allungata che ha tenuto il velivolo molto lontano dal pianeta per la maggior parte del tempo.
Dopo cinque anni però, Akatsuki ha individuato un lampo di luce. “Sono sorpresa che non ne abbiano visti altri”, afferma Curry. “Il fatto che ne abbiano visto solo uno mi preoccupa”, perché i fulmini solitamente appaiono in gruppi. Ma “voglio credere alla validità del rilevamento”.
Non sembra che il lampo possa essere stato originato da un raggio cosmico, anche se il team di Akatsuki crede che potrebbe essere stato un bolide: un meteorite che esplode nell’atmosfera creando un flash luminoso. Tuttavia considerando le nostre conoscenze sulla frequenza con cui queste meteore entrano in collisione con i pianeti pare estremamente improbabile che la sonda Akatsuki abbia visto un bolide.
Per il momento, la spiegazione più plausibile è che si sia trattato di un fulmine.
“Un caso isolato di errore strumentale che si manifesta come qualcosa di molto simile a un segnale reale sarebbe una coincidenza incredibile”, afferma Ricky Hart, laureato presso l’Università della California, a Los Angeles, che studia i segnali di possibili fulmini su Venere. Il lampo rilevato, afferma, aggiunge un’ottima argomentazione a supporto dell’ipotesi della presenza dei fulmini su Venere”.
Misteri nelle dense nubi aliene
Se quel lampo fosse stato un fulmine, che cosa lo avrebbe originato? Gli astronomi che cercano di dare una risposta a questa domanda credono che questo potrebbe rivoluzionare quello che sappiamo sui cieli di Venere.
Le nuvole di acido solforico di questo pianeta sono uniche nel sistema solare quindi i tradizionali modelli di formazione dei fulmini non si possono applicare a Venere, afferma Aplin. Un motivo è che si ritiene che le sue nuvole siano dei buoni conduttori di elettricità, il che potrebbe impedire l’accumulo di elettricità in un punto, condizione che normalmente porta alla generazione del fulmine.
Le nuvole terrestri separano goccioline di acqua elettricamente cariche e cristalli di ghiaccio attraverso la convezione – quando le nuvole più calde si spostano verso l’alto e quelle più fredde scendono più in basso – generando così i fulmini. Ma non è chiaro in che misura questo fenomeno di miscelazione verticale avvenga nelle nuvole di Venere, afferma Paul Byrne, planetologo presso l’Università statale della Carolina del Nord. E Akatsuki non può determinare l’altitudine del lampo, quindi se fosse stato un fulmine, potrebbe essersi generato in qualsiasi punto tra l’atmosfera superiore e il principale strato di nubi, decine di chilometri più in basso.
Una possibilità è che bagliori di fulmini su Venere si manifestino a seguito di eruzioni vulcaniche. Sebbene nessuna eruzione sia stata ancora direttamente osservata attraverso le scure nuvole del pianeta, prove circostanziali hanno convinto molti scienziati planetari che le eruzioni effettivamente avvengano. Eventi esplosivi che producono pennacchi di cenere elettricamente carichi potrebbero generare fulmini.
Indipendentemente dal fatto che questo rilevamento si dimostri autentico o meno, gli scienziati planetari continueranno a ricercare ulteriori prove, impazienti di sapere se il potere alchemico dei fulmini sia in atto anche su Venere.
“Quello dei fulmini è un processo affascinante. È energia attiva,” afferma Izenberg. “Potrebbe essere uno dei potenziali motori per la chimica prebiotica su Venere”, il che significa che le esplosioni di energia potrebbero unire le molecole necessarie per generare la vita. Se questo processo si verifica in parti dell’atmosfera note per essere acquose, temperate e illuminate dal sole, questo potrebbe creare una potenziale oasi per i microbi fotosintetici.
I fulmini potrebbero anche essere responsabili della produzione di fosfina, un composto chimico gassoso recentemente rilevato su Venere – sebbene alcuni esperti abbiano messo in dubbio la validità del rilevamento – noto per essere prodotto dai microbi sulla Terra. Se questo gas è davvero presente nelle nuvole venusiane, parte di esso potrebbe essere generato da fulmini nell’interazione con l’atmosfera.
Le duplici osservazioni eseguite dai telescopi terrestri e dalla sonda Akatsuki apporterebbero un grande contributo nel convincere la comunità dell’identificazione dei fulmini su Venere, afferma Curry. Ma finché non verrà organizzata una nuova missione su Venere per esplorarne l’atmosfera o volare vicino alla parte superiore delle sue nuvole, la presenza di fulmini rimarrà probabilmente un mistero irrisolto, afferma Byrne.
Sappiamo molto poco su Venere, un pianeta più o meno delle stesse dimensioni e composizione della Terra, ma la cui evoluzione è stata notevolmente diversa. Questo lampo, afferma Izenberg, è “l’ennesimo motivo per cui tornare”.
Fonte: National Geographic - ROBIN GEORGE ANDREWS