26 Aprile 2024
La Mia MINI
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Come diventai un MINISTA

Era una bellissima giornata di metà maggio del 2006 quando per strada vedo l’amico Tony dentro una scatolina bianca: 3 colpi di clacson per salutare e via.
Un paio di giorni più tardi, incuriosito, vado a trovarlo dallo “Zocchi” (il cognome del titolare della carrozzeria dove lavora) con l’intenzione di saperne di più su quella piccola auto.
“E’ una Mini – mi risponde – una Mini inglese inizi anni ‘90” - e continua - “ti ci vedrei benissimo alla guida !! Provala !! Ecco le chiavi …”
Nei 5 minuti successivi diventai proprietario dell’Austin Rover Mayfair modello 89 immatricolata per la prima volta nel 1992.
Una volta parcheggiata in garage cominciai a studiarla: aprii il cofano del motore, nella piccola bauliera c’era l’alloggiamento della ruota di scorta e del serbatoio, gli interni erano piccoli ma anche una persona di stazza più che robusta come me ci stava senza tanti grossi problemi: insomma tutto razionalmente studiato e posizionato.
Comprai qualche rivista, navigai su internet e leggendo la storia di come nasce il progetto Mini di Sir Issigonis mi spiegai velocemente tutto.
Fiero del mio acquisto cominciai a prenderci la mano guidandola all’inizio con rispetto dell’età (14 anni); poi cominciai anche ad apprezzarne l’ottima tenuta di strada accelerando in pieno sulla salita del Monte Serra.
In occasione della mia prima partecipazione al Raduno Annuale di Mini d’epoca di Firenze del maggio 2007 dotai la Mini dei cerchi in lega e dei due fanali abbaglianti anteriori.
Conobbi nell’occasione alcuni esponenti del Club di Firenze e strinsi subito l’amicizia con alcuni di essi: fu così che cominciai a frequentare raduni, ritrovi tutto a base di Mini.
La passione man mano aumentava: fotografando tutte le Mini che ogni volta erano presenti ai raduni, ognuna di esse personalizzata in base ai gusti del proprietario, maturava sempre più la voglia di legarmi per sempre alla mia Mini, facendole sfoggiare un nuovo vestito di mia unica idea e realizzazione, un po’ come gli stilisti di moda fanno con la top-model di turno.
Il 24 dicembre 2009 al freddo del garage attiguo casa, io e l’amico Tony cominciammo a smontare la Mini: in meno di 3 ore l’interno era ridotto alla sola lamiera e con pazienza certosina sia i pezzi grandi che piccoli furono catalogati e ricoverati in modo da non perdere niente.
Passate le festività natalizie in ordine acquistai :
moquettes colore nero per il pianale e parti laterali;
3 rotoli di pelle di pitone nera per foderare il cruscotto e le fasce laterali degli sportelli;
set completo di maniglie cromato;
strumenti per indicatore benzina e temperatura acqua;
sterzo sportivo;
distanziali per le ruote anteriori e posteriori.
Con l’aiuto di Tony trovammo gli interni completi color nero di una Fiat Coupè incidentata da cui prelevammo i sedili anteriori e posteriori.
Con cura immagazzinammo tutti gli acquisti e cominciammo a rimontare la Mini.
Per prima cosa foderammo con la pelle il cruscotto prima nella parte alta e poi nella parte bassa; passammo a fissare la moquettes al pianale, nelle parti laterali e nei passa-ruota anteriori; ritagliammo su un foglio di masonite il calco dei rivestimenti degli sportelli e accuratamente li rivestimmo della pelle usata per il cruscotto; allo stesso modo prendemmo i rivestimenti della parte bassa degli sportelli, li ritagliammo sulla masonite e li rivestimmo con un adesivo di plastica color alluminio.
A questo punto prendemmo l’intero pezzo di plastica contenente contachilometri, contagiri, indicatore livello benzina e temperatura acqua lo dividemmo in modo da usare solo il contagiri e il contachilometri; nel contempo il foglio dei circuiti stampati fu tagliato in modo da escludere l’unico strumento incorporante livello benzina e temperatura acqua.
Da un amico meccanico di Firenze presi il calco del cruscotto e dopo varie prove trovammo la misura adeguata al caso: il problema era la stondatura poco montante ma continua in alto che una volta tagliata o era troppo alta e non si incastrava oppure troppo bassa allora si aprivano delle piccole finestre irregolari che non erano esteticamente belle a vedersi.
Dovevo trovare l’idea geniale per rivestire l’intero cruscotto: l’idea fu quella di usare le foto trovate su internet riguardanti i simboli inglesi: House of Parliament, Big Ben, Beatles, Double Decker, testate giornali, insegna Carnaby Street, Guardie di Buckingam Palace, i Black Cats, la cabina del telefono, ecc., trasformarle con Photoshop in bianco e nero e successivamente montarle a mo’ di fumetto usando Word 2007 su 3 distinti fogli A3, che una volta plastificati, furono applicati sul calco di legno del cruscotto.
Nel cruscotto ricavammo sulla destra un inedito vano portaoggetti con la foto celebrativa della Mini Cooper S vincitrice del Rally di Montecarlo del 1964. Con il trapano e la punta a tazza ottenemmo i fori delle prese d’aria e vano contagiri e contachilometri.
Sul piano di calpestio anteriore sia dalla parte del guidatore che del passeggero, già rivestiti con la moquettes, furono applicate per rivestimento due placche di lamiera di acciaio tipica dei tuning delle macchine da rally; per essere tagliate a regola d’arte, fu costruito un modello col cartone bristol.
Venne l’ora di montare i sedili: per quelli anteriori dopo vari consulti, il sottoscritto e Tony decidemmo di applicarli direttamente al pianale in modo da poter sfruttare l’inclinazione della prima barra trasversale del pianale; la scelta si rivelò giusta e fondata in quanto questa inclinazione verso terra dà una migliore posizione di guida; per quelli posteriori, viste le dimensioni più ampie, sia la seduta che la battuta vennero smontate e ridimensionate tagliando la sia il telaio a rete sia la gomma piuma con certosina precisione; per il rivestimento fu usata la pelle originale ricucendola sulle nuove dimensioni.
Ormai la Mini aveva un nuovo aspetto: bellissimo ed unico.
Un’altra idea balenò nei nostri cervelli: quella di fare il mobiletto centrale; potevo acquistarlo direttamente sui cataloghi Mini Sport o Mini Spares ma a questo punto volevamo per forza mettere alla prova le nostre abilità artigiane.
Prendemmo altro cartone bristol e cominciammo a dare forma al mobiletto: c’era da valutare la posizione del piede destro che spinge l’acceleratore di non incastrarlo più di tanto col mobiletto: il problema comune alle auto con guida a sinistra invece che a destra; tagliammo filo a filo il cartone fino a che non assemblammo tutti i vari pezzi con lo scotch: avevamo lo stampo da riportare sul legno: le paratie laterali in visione furono ricoperte con la pelle del cruscotto e interno sportello, la parte piana più bassa ricoperta con la foto della Union Jack plastificata e in fronte la piana verticale fu dedicata al magico Mr. Bean anch’egli possessore di una Mini.
Sulla base fu tagliato il cerchio per infilare il cambio e per coprire il tutto, sempre con la pelle, cucimmo 4 triangoli di uguale dimensione in modo da ottenere una piramide.
Ormai la voce si era sparsa in tutto il paese di questa Mini restaurata con idee sempre più nuove, belle e a volte stravaganti; gli amici susseguivano sempre più fitte le loro visite al garage al punto che dovemmo, scherzosamente, mettere un cartello dove c’era scritto: “Attenzione Mini mordace – State alla larga” con sottofondo la pistola di James Bond agente 007.
In ultimo venne la parte più difficile e precisa: quella di dover ricostruire l’impianto elettrico, vista la modifica degli strumenti; sulla carta dei circuiti stampati rilevammo i vari intrecci e i vari ponti, che scrivemmo in un piccolo foglio volante che diventò la nostra Bibbia; comprai i fili elettrici stando attento ai colori in modo da non sbagliare: impiegammo buona parte della notte di un venerdì e tutto il giorno del sabato a montare e smontare in modo non definitivo gli strumenti: una volta era ok l’impianto dei fari ma non funzionavano le luci interne, poi viceversa; poi funzionava tutto l’impianto ma saltava il fusibile o delle frecce o dei fari; alla fine trovammo la strada giusta e i problemi finirono: appoggiammo per prova il cruscotto nel vano e acceso il motore tutto funzionò alla meraviglia.
Ormai la Mini era praticamente finita: bastava stringere i collegamenti elettrici, bastava avvitare in modo definitivo il cruscotto e tutto sarebbe finito.
Era notte fonda, circa le 1.30 am del sabato: ci lasciammo andare a qualche urla di gioia e felicità: con un bottiglia di ottimo spumante italiano ci facemmo i complimenti e gli auguri reciproci; diciamoci la verità anche qualche lacrima solcò i nostri volti.
Felice come un bimbo quando vede Babbo Natale andai a dormire e fu difficile prendere sonno anche se erano molte le ore passate intorno alla Mini.
Il pomeriggio successivo di domenica finimmo definitivamente il nostro lavoro;
lucidammo gli interni con degli spray appositi per la pelle e portammo la Mini al lavaggio.
Poi per vedere se era tutto ok via a tutto gas per la superstrada, piccole salite, strade di campagna.
Il week end successivo era in programma il Raduno di Firenze del 2010: mi presentai sul Circuito del Mugello con la mia Mini “nuova” e fui particolarmente contento degli apprezzamenti positivi: qualcuno voleva già copiarmi l’idea del cruscotto, altri chiedevano informazioni su come avevamo fatto a realizzare il mobiletto centrale, altri ammiravano nel complesso gli interni.
Tony non potette essere presente: mi dispiacque immensamente perché forse più di me si appassionò tanto a questo lavoro di restauro.
Fu una bellissima esperienza sia sul piano umano che prettamente tecnico: cercare l’idea stravagante e metterla in pratica era un’abilità che ancora non avevo mai sperimentato in me stesso; ma più profondamente l’amicizia sincera tra due uomini rimasti bambini è il succo finale di questo restauro.
Per la cronaca mi classificai terzo nei giri veloci di pista nella categoria 998 e fui premiato con la coppa: decisi di regalarla a lui: mi rispose “No tienila te vicino alla Mini così quando ho voglia di vedere la coppa vedo anche la Mini”.
La storia avrà un seguito, una parte numero 2: abbiamo già idee innovative per il motore, gli allestimenti interni ed esterni.


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