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Fotografare Cosa Fotografare Dove

28-06-2021 18:11 - News
Nel portfolio di ogni fotosub c’è uno spazio nero, vuoto: la foto che non abbiamo mai fatto, l’animale che non siamo mai riusciti a trovare, o che abbiamo incontrato una volta, di sfuggita, senza riuscire a immortalarlo come avremmo voluto. Per ogni animale, anche quelli che han - no una distribuzione molto ampia, ci sono luoghi dove è più probabile incontrarlo, e tra questi ci sono i luoghi dove è più facile fotografarlo. I primi hanno a che fare con la storia naturale e con la distribuzione geografica, con cose che possiamo imparare dai libri o dai siti internet. Ma è vero, ci sono luoghi dove oltre a vedere un animale possiamo avvicinarlo, passare del tempo con lui, studiare l’inquadratura migliore senza affanno (adesso scappa), interpretare la foto secondo i nostri criteri. Non è semplice dare una definizione univoca, i motivi che rendono un luogo magico coinvolgono molti fattori difficili da riassumere. Si va dai rapporti di rispetto reciproco tra gli animali e le popolazioni umane loca - li, a abitudini apprese dalle generazioni passate per motivi sconosciuti, all’obbedienza a schemi comportamentali che non abbiamo ancora compreso bene, a un legame magico coll’ambiente locale. Ogni animale ha i suoi comportamenti e le sue esigenze. Sarebbe un’opera infinita cercare per tutti il luogo giusto, ma cominciamo a farlo per qualche ani - male, i più carismatici, i più ricercati dai fotografi, fermo restando che ognuno di noi ha le proprie fissazioni, il proprio totem che un giorno riuscirà a fotografare come intende lui! Lo squalo balena (Rhincodon typus) è stato per lunghi anni una delle mie idee fisse. L’avevo incontrato poche volte, e quelle volte o non avevo con me la macchina fotografica, o avevo l’obiettivo macro. Ho imparato negli anni che ci sono negli oceani del nostro pianeta diversi punti dove il gigantesco squalo si presenta e si fa vedere, ma il più delle volte si tratta di un incontro fugace e improvviso. Qualcuno grida “whale shark!”.

Tutti sul gommone, in fretta, il pilota si porta di fronte al gigante, tutti in acqua, cercando di intercettare qualcuno che segue una sua rotta, di solito controcorrente, e mentre pinneggi affannosamente a cercare di inquadrarlo... se ne è già andato. Tutti sul gommone, si ricomincia l’inseguimento. Che gliene frega della corrente, lui è grande e forte. Poi nel 2011 mi capitò di andare per la prima volta alla Cenderawasih Bay. Luogo remoto, lontano da tutto, nella Papua occidentale (Indonesia). In un angolo della grande baia imprese di pesca hanno stabilito delle stazioni galleggianti che di notte accendono le lampare per concentrare piccoli pesciolini, e così facendo fanno un grande favore agli squali balena, a cui non resta che avvicinarsi e spalancare la bocca. Già, ma così facendo non entrano in conflitto con i pescatori? Miracolosamente i pescato - ri hanno deciso di proteggere i giganti, confidando nel fatto che, muovendosi con un seguito di pesci, possano diversificare le catture. È nato così un luogo magico, dove maschi adolescenti (lunghi dai 3 agli 8 m) di squalo balena si radunano, trovano cibo abbondante, stabiliscono un rap - porto di amicizia con gli umani che non li perseguitano, anzi li proteggono. I pochi subacquei che arrivano fin qui diventano un piacevole diversivo, un gioco. Per il fotografo questo significa passa - re tutta l’immersione a contatto con gli squali balena. Se il primo scappa o non viene abbastanza vicino ci si ferma e si aspetta il prossimo. Nella migliore immersione mi sono trovato al centro di un carosello di 12 esemplari, nella peggiore ne ho avuti attorno “solo” 3. E che si fermavano in un unico sito per tutta la giornata, dandoti il tempo di cambiare l’oblò alla custodia, i braccini dei flash, la batteria e di tornare in acqua senza affanno. E sono convinto che ci siano potenzialmente in giro per il mondo altre Cenderawasih, e che migliorando le conoscenze su questi animali misteriosi arriveremo a scoprirle. Per il momento, se voglio fotografare con calma lo squalo balena, so dove andare. Dal più grande al molto piccolo. Un animale assai carismatico e ricercato dai fotografi di tutto il mondo, e al tempo stesso sfuggente e non facile da immortalare è il pesce fantasma ornato (Solenostomus paradoxus).

La sua area di distribuzione si estende dal Mar Rosso e dalle coste dell’Africa tropicale fino all’oceano Pacifico centrale, vale a dire che in teoria potremmo incontrarlo quasi dappertutto. Eppure non è facile vederlo. Questo dipende dal fatto che il pesce fantasma ha una lunghissima fase larvale pelagica: può vivere oltre 1 anno in mare aperto, dove va alla deriva in balia delle correnti riparandosi sotto alghe galleggianti, trasparente. Quando le correnti lo trasportano vicino a un reef, compie una metamorfosi, si colora con i colori dominanti nel suo nuovo ambiente in modo da risultare poco visibile ai predatori, e forma coppie che si riproducono una sola volta prima di morire. Se la fase larvale è durata 1 anno, la fase adulta dura 2-3 settimane, e questo spiega perché sia così difficile vederlo. Studi recenti ci dicono che probabilmente S. paradoxus è un ermafrodita, e che l’ambiente in cui si sviluppa determina il sesso. Il primo individuo a insediarsi sviluppa come femmina, e spargendo i suoi feromoni attira sul posto altre larve, che diventeranno maschi. La femmina si riconosce perché è più grande e ha le pinne ventrali espanse e unite, a formare una specie di canestro dentro al quale tiene in incubazione le uova fecondate. Ci sono molte zone in Indonesia, Filippine, Malesia, dove è relativamente frequente l’incontro col pesce fantasma: al centro del suo areale di distribuzione è più comune, e il gioco delle correnti oceaniche contribuisce a trasportare le larve. Ma non è mai una presenza costante, ecco perché. Infine, due parole su un‘altra preda ambita dai fotosub: la seppia flamboyant (Metasepia pfefferi). Se disturbata esibisce favolose colorazioni di avvertimento mentre si allontana con andatura dondolante, cammina sul fondo appoggiando a terra i tentacoli più esterni e due espansioni ventrali del mantello, che usa quasi come buffe zampette. Studi recenti ci dicono che la dose di veleno contenuta nelle ghiandole salivari abiliterebbe il piccolissimo cefalopode a uccidere un uomo, ma devo usare il condizionale perché la letteratura medica non riporta casi fatali: la seppia si limita a “fiammeggiare” il suo avvertimento senza passare ai fatti. Vive tra Indonesia, Nuova Guinea e Australia, sovente la troviamo negli ambienti sabbiosi-fangosi tipici del muck diving, Lembeh o Walindi. Personalmente, ma è una questione di gusti, amo fotografarla all’isola di Bangka, Sulawesi, dove su un fondale di sabbia bianca i suoi colori brillanti risaltano meglio



Fonte: Scubazone - Massimo Boyer

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