24 Marzo 2023
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I sotterfugi della politica ai tempi dei Faraoni

28-01-2021 18:01 - News
A volte gli archeologi si imbattono non solo in uno ma in una serie di documenti che trasformano completamente la loro conoscenza di un periodo antico. Affascinanti dettagli ci trasportano in quei tempi passati. E il ritrovamento delle lettere di Amarna, 382 tavolette d’argilla considerate i più antichi documenti diplomatici finora rinvenuti, si può considerare una scoperta che ha trasformato per sempre l'egittologia.
Risalenti al XIV secolo a.C., le lettere consistono nella corrispondenza tra i faraoni e i “grandi re” loro rivali – di Babilonia, Assiria, degli Ittiti e dei Mitanni – nonché di lettere dai “piccoli re”, vassalli dell’Egitto. Iniziando nel regno di Amenofi III (1390-1353 a.C.), che fu un grande costruttore, l’archivio prosegue anche nel regno di suo figlio, Akhenaton (1353-1336 a.C.), la cui rivoluzione religiosa sconvolse l’antico Egitto per una generazione. Le lettere aprono una finestra sull’Egitto della XVIII dinastia e forniscono un’istantanea dettagliata dell’area orientale del Mediterraneo e del Medio Oriente nella tarda età del bronzo, proprio quando l’Egitto stava consolidando la sua grandezza e il nuovo potere dell’Assiria stava iniziando a fiorire.
Rivelando l’adulazione, l'arroganza, l'invidia e l'umiliazione degli scriventi, le lettere forniscono anche uno sguardo sulla mutevole complessità della diplomazia internazionale. Lo sviluppo di grandi imperi in lotta per la supremazia aveva creato la necessità di un sistema di regole, e la corrispondenza di Amarna rappresenta per gli storici una testimonianza senza precedenti su come funzionasse tale sistema.
Città del sole
Intorno al 1348 a.C. il faraone Akhenaton spostò la sua corte in un punto isolato più a nord, più o meno equidistante da Tebe (la precedente capitale) e da Menfi. Il trasferimento faceva parte del programma radicale del faraone di celebrare Aton, il disco solare, come quasi la sola divinità dell’Egitto.
La nuova capitale di Akhenaton, sulla sponda orientale del Nilo, fu chiamata Akhetaton, che significa “orizzonte di Aton”, forse per via delle vicine colline che incorniciano l’alba. Il moderno nome del luogo, Tell el-Amarna, viene usato intercambiabilmente con Akhetaton, e ha dato il nome alla straordinaria cultura che è fiorita per breve tempo quando gli sconvolgimenti del culto di Aton del faraone si rifletterono in un cambiamento radicale nell’arte: un periodo noto come “arte di Amarna”, o “stile di Amarna”.
Il regno di Akhenaton, tuttavia, non fu caratterizzato solo da sconvolgimenti religiosi e artistici: egli aveva ereditato dal padre Amenofi III un regno di enorme potere e prestigio nella regione, e continuò a perseguire gli interessi dell’Egitto, in particolare nella regione meridionale della Nubia, ricca di minerali. Fino alla sua morte nel 1336 a.C., la capitale dell’Egitto fu una vivace città piena di palazzi, templi, case, ed edifici amministrativi; proprio questi ultimi contenevano l’ampio archivio di lettere diplomatiche, che iniziano sotto il regno di Amenofi III e della regina Tiy.
La città antica fu identificata ad Amarna nel tardo 1700, quando vi furono trovate le pietre di confine di Akhetaton. Le lettere vennero alla luce intorno al 1880, dopo una serie di ritrovamenti casuali. Col diffondersi della notizia della loro esistenza, il sito acquisì subito un’enorme importanza archeologica. Il curatore del British Museum, Wallis Budge, riuscì a ottenerne un lotto di 82 pezzi. Un significativo numero di tavolette passarono attraverso il mercato antiquario prima di arrivare al Museo egizio del Cairo e al Museo statale di Berlino.
Condotti dall’egittologo britannico William Flinders Petrie intorno al 1890, i primi importanti scavi eseguiti ad Amarna scoprirono presto altre tavolette risalenti all’epoca di Akhenaton. Durante la sua prima campagna di scavi Petrie scoprì un edificio i cui mattoni riportavano la dicitura “Ufficio della corrispondenza del faraone”.
Archeologo meticoloso, Petrie aveva anche il talento del pubblicitario: sapeva che le lettere di Amarna avrebbero attirato l’attenzione di potenziali mecenati per sovvenzionare le attività di scavo. I suoi studi del patrimonio documentale delle lettere e dei resti archeologici della vecchia capitale ampliarono moltissimo le conoscenze di questa dinastia e del Nuovo Regno.
Le lettere sono state ritrovate in più momenti. Quando il linguista norvegese Jørgen Alexander Knudtzon le mise in ordine cronologico e per area geografica all’inizio del 1900, erano 358. Le altre 24 furono scoperte nel corso del XX secolo e integrate nel sistema di numerazione di Knudtzon, ancora oggi usato dagli studiosi.
Le lettere non sono scritte in egiziano antico, ma in accadico, una lingua molto diffusa nell’antica Mesopotamia. Nel secondo millennio a.C., l’accadico divenne una sorta di lingua franca in tutta la regione, assumendo un ruolo simile a quello che oggi ha l’inglese nelle relazioni internazionali. Si scrive usando il sistema dei caratteri cuneiformi. La maggior parte delle tavolette ritrovate fino a ora sono lettere ricevute dagli egiziani, solo poche sono invece le lettere scritte dai faraoni.
Lettere dai “sovrani fantoccio”
Gli studiosi hanno diviso le lettere di Amarna in due gruppi principali: uno è costituito dalle lettere al faraone da parte dei sovrani degli stati controllati dall’Egitto, e l’altro dalle lettere al faraone dai suoi “pari” (o “quasi pari”, come li considerava lui), ovvero i regnanti delle altre grandi potenze indipendenti della regione.
Le missive della prima categoria, i dispacci dei “sovrani fantoccio” (o “piccoli re”), provengono dalla Cananea, che si trova nel moderno Israele e Libano. L’Egitto aveva preso la Cananea come trofeo imperiale un secolo prima sotto il regno di Thutmose III. Oltre al prestigio, la nuova acquisizione aveva portato all’Egitto anche problemi: i suoi governanti erano tormentati da un popolo chiamato Habiru, identificati dagli storici come gli ebrei, anche se la loro identità è ancora molto dibattuta. La tentazione da parte dei sovrani fantoccio di scendere a patti con gli Habiru locali era apparentemente molto forte. Un dispaccio di Amarna da parte del sovrano di Tyre diretto ad Akhenaton (Lettera 148) riporta lamentele in merito alla devastazione causata dagli Habiru nella regione, e riporta che un altro sovrano, quello di Hazor (nell’attuale Israele del nord), ufficialmente fedele all’Egitto, si sarebbe “schierato con gli Habiru... consegnando loro i terreni del re”.
Queste lettere esprimono spesso un atteggiamento di estrema umiliazione. Il sovrano fantoccio di Gezer, nell’odierno Israele, scriveva: “Al re, mio signore, mio dio, mio sole, sole del paradiso: messaggio di Yapahu, vostro servitore, lo sporco sotto i vostri piedi. Mi prostro ai piedi del re, mio signore, mio dio, mio sole, sette volte e sette volte”.
Spose e promesse di matrimonio
Per contro, le lettere scritte al faraone dai suoi pari, i regnanti delle grandi potenze della regione, sono caute nel come e quando esprimere un atteggiamento di chi si sente su un piano di parità. Gli studiosi a volte usano l’espressione “Club delle grandi potenze” per indicare i Paesi più potenti al tempo nella regione, ovvero Egitto, Babilonia, Assiria, Mitanni (corrispondente all’attuale Turchia sudorientale) e “Hatti”, l’impero degli ittiti. Un alto membro del club era Alasiya, l’isola di Cipro. Sebbene geograficamente piccolo, lo stato insulare era economicamente potente, grazie alle proprie riserve di rame.
Alcune delle lettere risalgono al regno di Amenofi III e alla sua grande sposa sovrana, Tiy, che fu anche la madre di Akhenaton. Dopo la morte di Amenofi, la vedova mantenne il suo potere quando il figlio salì al trono. Akhenaton portò gli archivi del padre con sé nella nuova capitale, come registro delle relazioni diplomatiche con gli alleati dell’Egitto e con gli stati vassalli.
Una parte delle lettere dell’archivio di Amarna riguarda lo scambio di principesse reali come spose. Un raro esempio di lettera di Amarna il cui mittente è il faraone è la Lettera 5, scritta da Amenofi III e indirizzata al re babilonese Kadashman-Enlil I. In sole 30 righe la lettera tratta i temi principali della comunicazione reale: espansive manifestazioni beneauguranti, l’invio di costosi regali e la speranza del faraone di ricevere una principessa babilonese per il suo harem.
Il faraone poteva aspettarsi di ricevere una sposa, ma un segno della supremazia dell’Egitto era il costante rifiuto da parte del faraone di inviare spose egiziane, in risposta. In una delle prime lettere (Lettera 4) da Kadashman-Enlil I ad Amenofi si riporta la lamentela per cui “sin dai tempi antichi nessuna figlia del re d’Egitto è mai stata data in moglie”. Il re babilonese si irrita all’editto: “Perché mi dici simili cose? Tu sei il re. Tu puoi fare come desideri. Se volessi darmi tua figlia in sposa chi potrebbe dirti di no?”; la sua frustrazione è condivisa da altri re, nell’archivio, e mette a nudo quella che era la realtà della distribuzione del potere nella regione: l’Egitto faceva il buono e il cattivo tempo.
Etichetta reale
Alcune delle lettere più significative sull’autorità del re e sul suo potere sono quelle inviate da Tushratta, re dei Mitanni, il cui impero in espansione confinava a sud con i possedimenti più settentrionali dell’Egitto, in Libano. Tushratta apre le sue lettere con un saluto in codice, stabilito dalle Grandi potenze per certificare l’autenticità del mittente. La Lettera 27 prende la forma di un’elaborata struttura di formule benauguranti. Essendo il re dei Mitanni un “pari” del re d’Egitto, egli si riferisce al faraone chiamandolo “fratello” e inizia con queste parole:
A Naphurreya [Akhenaton], re d’Egitto, mio fratello, mio genero, a cui voglio bene e che mi vuole bene: da Tushratta, grande re, re dei Mitanni, tuo suocero, che ti vuole bene, tuo fratello. A me va tutto bene. Possa andare tutto bene anche per te. Per Tiy, tua madre, possa andare tutto bene. Per Tadu-Heba, mia figlia, tua moglie, per il resto delle tue mogli...possa andare tutto molto, molto bene.
La figlia che Tushratta menziona, Tadu-Heba, era stata la moglie più giovane del padre di Akhenaton, Amenofi III. Dopo la sua morte, lei divenne moglie di Akhenaton. Questa alleanza era vitale per Tushratta, in quanto i Mitanni erano continuamente tormentati dagli Ittiti al nord e avevano bisogno di una forte alleanza con l’Egitto.
C’è una tensione di fondo nella lettera spiegata dalla precedente missiva, la Lettera 26, scritta non ad Akhenaton, ma alla regina Tiy. Tushratta si lamenta con la madre del faraone del fatto che dei regali che il suo defunto marito, Amenofi III, aveva promesso a Tushratta (dettagliati nella Lettera 19), comprendevano due statue d’oro. Una volta ricevuti i doni, aveva scoperto che le statue non erano di oro massiccio ma “statue di legno rivestite d’oro”.
Gli studiosi non sanno con certezza se le statue siano state un affronto intenzionale a Tushratta, e quindi un’indicazione dello stato di inferiorità dei Mitanni agli occhi dell’Egitto. Tushratta era il più debole tra i due qui, ma doveva mantenere il suo prestigio. La disputa continua nella Lettera 28, in cui Tushratta dichiara che siccome i suoi messaggeri erano stati detenuti da Akhenaton, anche lui aveva tenuto presso di sé i messaggeri egiziani.
Tushratta avrebbe presto subito una sconfitta per mano del suo ex re vassallo, l’assiro Ashur-uballit I. Mentre il potere dei Mitanni svaniva, quello degli assiri cominciava a crescere. Ashur-uballit I non si definisce ancora un “fratello” nella sua prima lettera ad Akhenaton (Lettera 15), ma dichiara orgogliosamente che l’Assiria si è unita al “club”: ha un tesoro da offrire — “uno splendido carro, cavalli, una pietra che riporta una data di vero lapislazzulo” — ma si aspetta in cambio rispetto.
L’improvvisa ascesa dell’Assiria suscitò l’indignazione di altri popoli, specialmente dei babilonesi, il cui re scrisse ad Akhenaton la Lettera 9. Dopo gli usuali convenevoli, chiede: “Perché i messaggeri assiri del mio vassallo [ovvero Ashur-uballit I] hanno deciso spontaneamente di venire nel tuo Paese? Se mi vuoi bene, essi non faranno alcun affare, di nessun genere. Rimandali da me a mani vuote”. Tali proteste, tuttavia, non erano niente in confronto ai reali giochi di potere. L’Assiria continuò a prosperare, e l’Egitto di Akhenaton rimase la principale potenza della regione.
Ciononostante, il nuovo culto di Aton introdotto da Akhenaton non ebbe futuro. Le ultime lettere dell’archivio di Amarna risalgono al regno di suo figlio e successore, Tutankhamon, che annullò tutte le riforme di Amarna e cancellò tutti i riferimenti al nome di Akhenaton.
La capitale di Akhenaton fu lasciata in balia del deserto. In qualche momento, dopo il suo abbandono, un funzionario statale deve aver messo le tavolette diplomatiche in due piccoli pozzetti sotto il pavimento dell’edificio amministrativo, dove sono rimaste custodite. Lì, furono ritrovate in un’altra epoca dell’impero, oltre 3000 anni dopo.







Fonte: National Geographic - Jose Lul

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