La nobile aragosta del Mediterraneo
28-05-2021 11:44 - News

L’aragosta, un animale che ha subito, nell’ultimo ventennio, una drastica rarefazione, per motivi che son da ricercare esclusivamente nel suo indiscriminato prelievo da parte del mefistofelico e stolto essere umano, che ne sta provocando l’inevitabile estinzione.
Fonte: Scubazone - Francesco Turano
Piatto nobile sin dall’antichità, ha stregato il palato degli umani che la considerano, da sempre, cibo pregiato.
Parlare oggi di aragoste del Mediterraneo è come parlare del passato, ma non possiamo esimerci dal raccontare qualcosa del più nobile dei crostacei il Palinurus elephas crostaceo di taglia medio-grande, con una lunghezza media di 20-40 cm e massima di 50- 60 cm; il peso può arrivare fino a 5 kg circa, in casi rari anche di più.
Il corpo è di forma sub-cilindrica, con una corazza che durante la crescita cambia molte volte sostituita da una nuova (la famosa muta che tutti i crostacei fanno per forza di cose).
Il carapace è diviso in due parti: il cefalotorace (parte anteriore) e l’addome (parte posteriore); con una colorazione che varia dal rosso-brunastro al viola-brunastro, presenta sul corpo spine a forma conica, rivolte a uncino in avanti.
L’addome è formato da 6 segmenti mobili e ben articolati.
Caratteristica tipica dell’aragosta è la presenza, anteriormente, di due antenne più lunghe del corpo; queste presentano striature gialle e rosse a tratti, ed hanno la funzione di organi sensoriali e di difesa; sulla fronte sono anche presenti due spine divergenti a V. La coda, bellissima, ha la forma di un ampio ventaglio. Possiede diverse gambe, ma solo una parte di queste vengono utilizzate per camminare.
A differenza di altri crostacei non è provvista di chele.
Diffusa nel mar Mediterraneo e nell’oceano Atlantico orientale, vive preferibilmente su fondali rocciosi, dai 20 m fino ai 150 m di profondità, anche se capita di incontrare aragoste su fondi misti e persino sabbiosi, o durante gli spostamenti notturni o in una tana casuale (ricavata sfruttando un piccolo relitto o una pietra isolata sul piatto fondale).
Nonostante sia specie gregaria, ama la vita sedentaria e si incontra spesso insieme a numerosi esemplari di taglia più o meno simile.
Condivide quindi il proprio “tetto” con amici e parenti senza patire la convivenza, anche se oggi vedere una colonia di aragoste di una certa pezzatura a profondità accessibili è diventato più unico che raro.
Golosa di plancton, ma anche di alghe, spugne, anellidi, echinodermi, briozoi, altri crostacei e persino pesci (a volte anche carcasse di questi), si può considerare praticamente quasi onnivora.
Si riproduce alla fine dell’estate e in inverno nascono le larve, che raggiungono fin dall’inizio i fondali che le ospiteranno per il resto della loro esistenza.
Parlando di questo crostaceo non è possibile non toccare problema della sua sopravvivenza: l’aragosta ha subito una drastica riduzione, rispetto agli anni passati, a causa del sovra sfruttamento degli stock ittici, nonché del prelievo e della vendita illegali di esemplari sottotaglia, recentemente si è cercato di porre rimedio a questa crisi allevando e liberando esemplari per un possibile ripopolamento di alcune aree. L’aragosta arriva alla maturità sessuale, e quindi la possibilità di riprodursi, solo al raggiungimento della lunghezza di 26 cm, parametro che è stato recepito anche dalla nuova normativa nazionale, motivo per cui il divieto di prelievo al di sotto di questa taglia dovrebbe in un certo modo contenere i danni.
A tal proposito, non possiamo non menzionare l’impegno della Sardegna e i vari tentativi in corso per cercare di migliorare la situazione.
Tutti dovremmo impegnarci per cercare di salvare il salvabile, anche nel mondo delle aragoste; e i subacquei, attraverso le loro immersioni e osservazioni, con l’ausilio di diving center e associazioni per la tutela e la salvaguardia degli ambienti marini, potrebbero fare tanto per cercare di promuovere la conservazione di una specie, attraverso la sua conoscenza, con l’acquisizione della giusta consapevolezza. L’incontro del subacqueo con l’aragosta può regalare l’emozione di conoscere e comprendere attraverso l’osservazione diretta.
Magari si potrebbe far uso della fotografia o del video per mostrare e condividere quanto apprezzato in natura in prima persona, ponendo in risalto la biologia del crostaceo e, una volta tanto, non il suo sapore in cucina.
Fonte: Scubazone - Francesco Turano