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La Stella Gorgone

08-06-2021 11:44 - News
Quando si parla di echinodermi, ossia di quel gruppo di animali del mare solitamente dotati di “spine sulla pelle”, si fa riferimento generalmente ai ben noti ricci e alle stelle di mare. Pochi sanno che invece fanno parte di questa famiglia anche i crinoidi (o gigli di mare), le oloturie (o cetrioli di mare) e infine un particolare tipo di “stelle”, se proprio così le vogliamo definire, dette ofiure o, più comunemente, stelle serpentine. Le ofiure, come le stelle, sono costituite da un corpo centrale sul quale si innestano alcune braccia, ma vi sono differenze piuttosto nette tra le due classi e alcune sono facilmente evidenziabili anche a un esame superficiale. Ad esempio le braccia: sono sempre molto lunghe rispetto al corpo, serpentiformi e, tra l’altro, prive di solco ambulacrale. I pedicelli poi, quando presenti, non servono alla locomozione, come accade per le stelle e i ricci, quanto invece a consentire la percezione e la cattura del cibo. Le ofiure si muovono grazie alle braccia, molto mobili e prensili, che sfruttano come appiglio ogni asperità e ogni tipo di oggetto sommerso: l’efficacia di un tale modello di locomozione è maggiore di quel che si pensi, visto che le ofiure sono, a tutti gli effetti, gli echinodermi più veloci. Prevalentemente sciafili, gli ofiuroidei hanno abitudini notturne o crepuscolari: di giorno si rifugiano in genere sotto i sassi e tra gli anfratti, lasciando fuoriuscire a volte le lunghe braccia sensibili, di notte escono invece allo scoperto. Ben nota tra gli studiosi è la voracità di questi animali: difficile osservare invertebrati più insaziabili e disposti a ingurgitare di tutto. Con capacità rigenerative sorprendenti, specie per la rapidità con cui avvengono, quasi tutte le ofiure hanno inoltre la possibilità di amputarsi le braccia, che restano facilmente tra le grinfie dell’aggressore mentre l’ofiura si allontana rapidamente. Tra tutte le specie di ofiure ho scelto di parlarvi della stella gorgone, un’ofiura che, nonostante sia molto difficile da in - contrare sott’acqua per le sue capacità mimetiche e per gli ambienti piuttosto profondi che frequenta, merita di essere conosciuta per il suo aspetto a dir poco affascinante e per l’unicità della morfologia e delle abitudini di vita. Astrospartus mediterraneus appartiene alla famiglia gorgonocephalidae, dell’ordine eurialae (dal greco eurialae che, per l’appunto, è il nome di una delle gorgoni), che comprende ofiuroidei diffusi in tutto il mondo, sempre con braccia molto ramificate; nel Mediterraneo se ne trova una sola specie, come tra l’altro ci indica il nome latino. Questa vive solitamente oltre i 50 metri di profondità, in ambienti sabbiosi, fangosi e/o rocciosi, ma la si può trovare anche intorno ai trenta metri in alcuni siti particolari; per vivere, scegli appigli insoliti, usando le ramificazioni di celenterati coloniali come le gorgonie per fissarsi più o meno stabilmente. Le braccia di questa ofiura sono quasi sempre raccolte su se stesse, quasi letteralmente “arrotolate” una per una, e si aprono soltanto durante la notte, per la cattura del cibo. Ciò fa apparire l’animale completamente diverso se osservato di notte o di giorno. La stella gorgone del Mediterraneo non supera i 40/50 cm di diametro con le braccia aperte, ed ha un fascino tutto suo, forse per le poche notizie che si hanno sulla sua biologia. Le sue braccia tentacolari, ramificate notevolmente già a breve distanza dal disco centrale, presentano gli apici così articolati e mobili da formare un groviglio dove è difficile distinguere una forma precisa; a prima vista si ha la sensazione di osservare una matassa di nylon imbrogliata o roba del genere. Ad una osservazione più attenta si scopre invece un affascinante animale… Con le lunghe braccia distese, la stella gorgone si trasforma in una micidiale trappola per il plancton, una rete tentacolare che si estende su di una superficie ampia e in grado di filtrare molti metri cubi d’acqua nell’unità di tempo, variabili secondo la dimensione dell’animale. Aprendo una stella gorgone si possono rinvenire nel suo stomaco copepodi, larve di crostacei e di pesci, anellidi, gamberetti e altro ancora. Non che abbia mai prelevato un solo esemplare per scoprirne il contenuto dello stomaco, ma c’è chi lo ha fatto per motivi di studio utilizzando quegli esemplari finiti nelle reti dei pescatori, consentendoci di capire molte cose. Tutta questa varietà di prede tuttavia non viene filtrata passivamente dall’acqua, ma catturata con movimenti adeguati delle braccia. Le sottili estremità sono capaci di avvinghiare il plancton, afferrarlo per mezzo di acuminati uncini disseminati sulle articolazioni e bloccarlo definitivamente con strati di muco. In questo modo, ogni braccio diventa progressivamente un centro di raccolta prede, che viene poi convogliato periodicamente verso la bocca. Nel frattempo tutte le altre appendici rimangono distese e in azione. E così per tutta la notte. Il movimento delle braccia della stelle gorgone, apprezzabile col buio, richiama subito alla mente quello delle braccia piumate dei crinoidi e, in effetti, il movimento ha il medesimo obbiettivo: la cattura del cibo. Come si nutrano e quali siano le prede preferite da queste strane ofiure lo si sa grazie agli studi condotti sui parenti extramediterranei. I Gorgonocefalidi sono presenti dalla superficie a circa 2000 metri di profondità. Provvisti di una bocca piccola e incapaci di mordere o di inoculare veleni, si sono aggiunti alla fitta schiera dei filtratori, sfruttando le loro intricate braccia per catturare quanto le correnti marine trasportano senza sosta. Le correnti migliori e più ricche vanno ricercate con attenzione. Questo avviene con sagaci spostamenti della stella che, nel Mediterraneo, si colloca su una gorgonia in maniera abbastanza stabile mentre nei mari tropicali si rifugia negli anfratti per sfuggire alla luce del giorno e di notte si muove sul fondo risalendo, a seconda dei casi e dell’habitat, i pinnacoli di corallo, le gorgonie, i coralli molli, le spugne, le pennatule o gli speroni di roccia più esposti. La documentazione fotografica subacquea, mettendo in luce alcuni aspetti naturalistici inediti, fornisce prove inconfutabili di alcuni momenti di vita animale.

Fonte: Scubazone - Francesco Turano

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