24 Marzo 2023
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Plasticfree

24-05-2021 17:40 - News
La plastica uccide, in tutte le sue forme. Tutti abbiamo visto le immagini dei sacchetti per la spesa estratti dallo stomaco delle tartarughe o delle balene. Le prime forse sono ingannate dall’aspetto di un sacchetto alla deriva, simile a una medusa. Le seconde lo ingoiano involontariamente, mentre spalancano una bocca enorme per ingoiare krill, o pesciolini, la loro preda normale. Ma le microplastiche sono ancora più subdole. Accumulandosi alla superficie dell’acqua finiscono in abbondanza nello stomaco dei filtratori, dalle piccole acciughe agli enormi squali balena, che amano nutrirsi vicino alla superficie, dove sanno che si concentrano le loro prede. Ma non solo: studi recenti confermano che organismi come i coralli ingoiano volontariamente frammenti di microplastica, sui quali con l’immersione in acqua si sviluppano alghe e batteri, che danno a queste plastiche l’odore ed il sapore appetitoso del materiale organico. Che possiamo fare concretamente per risolvere il problema? È un problema mondiale, quindi è giusto che sia approcciato a più livelli. A livello internazionale si dovrebbe sviluppare una strategia comune, con tanto di sanzioni per chi non la rispetta, volta ad eliminare completamente la dispersione di plastica nell’ambiente, coerentemente con la risoluzione sull’inquinamento marino da parte dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente, finora disattesa. L’industria dal canto suo dovrebbe potenziare la ricerca, favorendo strategie sostenibili per eliminare l’uso eccessivo di plastica negli imballaggi, in tutti i prodotti monouso, cercando alternative rinnovabili. Infine, come privati cittadini questo è quello che ciascuno di noi può impegnarsi a fare, senza rimandare. Quando possibile scegli oggetti fatti con materiali alternativi alla plastica, biodegradabili o riciclati: il pettine o le mollette per stendere in legno, spugne per pulire in cellulosa, piatti in ceramica, ciotole, tazze e biberon in vetro, tovaglie in cotone, il filo interdentale in materiale biodegradabile anziché in nylon, tappetini per lo sport in fibra di bambù.
Evita prodotti usa e getta: no a cannucce, a buste della spesa, all’acqua in bottiglia, a stoviglie e posate, cotton fioc ma anche penne e accendini; preferisci spazzolini o rasoi con testine intercambiabili. Conserva gli alimenti senza plastica: pellicole, bustine, contenitori in plastica hanno un ottimo sostituto il vetro, materiale inerte che, a differenza della plastica, non rilascia contaminanti. Evita saponi e prodotti cosmetici che contengano plastiche: se tra gli ingredienti leggi polyethylene, polypropylene o polyvinyl-chloride vuol dire che la plastica è uno degli ingredienti, magari aggiunta in forma di microparticelle sbiancanti o esfolianti. Compra a peso: acquista alimenti sfusi (frutta, verdura, formaggi, carne, pesce) e detersivi “alla spina” (in caso non siano disponibili, opta per le eco-ricariche), in modo da minimizzare il packaging. Fai la raccolta differenziata seguendo le regole del tuo comune: smaltisci correttamente tutti i tuoi rifiuti, portando in discarica quelli speciali. Attivati per sensibilizzare negozi, supermercati e il tuo comune per ridurre urgentemente la plastica inutile e promuovere la sostenibilità. Sii un cittadino responsabile, non gettare i rifiuti sulle spiagge e nell’ambiente (inclusi i mozziconi di sigaretta) per evitare di inquinare e per garantire un futuro migliore a chi verrà dopo di noi. Ti pare poco? Impegnandoci tutti, ciascuno per i propri mezzi, possiamo ancora fare qualcosa.

INTERVISTA A ELEONORA DE SABATA, PROGETTO CLEAN SEA LIFE. E per cominciare possiamo, ciascuno nel suo piccolo, prenderci cura del mare: ad esempio facendo più attenzione a come smaltiamo i nostri rifiuti, ripulendo dove qualcun altro ha sporcato e, soprattutto, usando meno plastica usa&getta, al mare come in città. È la ‘promessa al mare’ che ci chiede Clean Sea Life, il progetto co-finanziato dall’Unione Europea di cui è coordinatrice Eleonora de Sabata, che ha accettato di rispondere alle nostre domande. Giornalista e fotografa specializzata in argomenti marini, da trent’anni unisce approfondimento e divulgazione, la protezione dell’ambiente e la ricerca scientifica. Ha fondato un’associazione di conservazione e ricerca per lo studio di squali mediterranei, specie a rischio estinzione: MedSharks. Clean Sea Life coinvolge gli amanti del mare in una campagna straordinaria di pulizia di coste e fondali d’Italia. Migliaia di persone, circoli e operatori turistici hanno già aderito e stanno cambiando il volto del mare. Eleonora, spiegaci cos’è il progetto Clean Sea Life e cosa ciascuno di noi, come cittadino e come subacqueo, può fare attivamente per il problema. Il progetto Clean Sea Life è un progetto di sensibilizzazione sui rifiuti marini, capitanato dal Parco Nazionale dell’Asinara con il supporto della Commissione Europea, che ha l’obiettivo di contrastare l’accumulo dei rifiuti marini lungo le coste italiane. Abbiamo creato un movimento di persone – subacquei, diportisti, pescatori, surfisti ma anche operatori balneari, bar e alberghi, studenti e insegnanti - impegnate attivamente nel difendere il Mediterraneo. In tre anni abbiamo organizzato insieme pulizie di spiagge, coste, fiumi, fondali e recuperato finora oltre 40 tonnellate di spazzatura dal mare; siamo andati nelle scuole, nei circoli, nei musei, nei cinema e abbiamo incontrato migliaia di persone in classe, in spiaggia, nei porti, in barca, in gommone. Il risultato è che oltre ventimila persone si sono impegnate a rispettare il mare: facendo più attenzione a come gestiamo i rifiuti, prendendo l’impegno a recuperare qualcosa ogni volta che andiamo in spiaggia o in mare, a riciclare meglio e di più e, soprattutto, a evitare il più possibile gli oggetti usa e getta. È la ‘promessa al mare’ di Clean Sea LIFE, tre accorgimenti semplici e importanti da diffondere a tutti - anche in città, visto che la gran parte dei rifiuti marini arriva dall’entroterra. I subacquei hanno risposto in modo straordinario alla nostra chiamata: oltre 120 diving e scuole subacquee hanno iniziato a organizzare regolarmente le pulizie dei fondali, cosa che magari prima facevano saltuariamente; diversi diving hanno installato filtri per dissetare tutti con l’acqua del rubinetto, con un risparmio di migliaia di bottiglie di plastica. E centinaia di istruttori hanno iniziato a diffondere il messaggio fra gli allievi, facendo capire che i sub sono gli unici a poter recuperare le cose dal fondo del mare, ed è nostra responsabilità recuperare quello che troviamo in mare – ovviamente sempre nel rispetto della sicurezza e delle proprie capacità. Abbiamo recuperato anche decine e decine di reti perdute alcune ancora in pesca, altre destinate comunque a sbriciolarsi in una nuvola di microplastica. Questa delle reti è però un’operazione da lasciare solo ai subacquei di grande esperienza e che va pianificata solo dopo aver esaminato la vita che nel frattempo ha colonizzato l’attrezzo, sacrificando gli organismi più comuni o lasciando invece quegli spezzoni su cui si sono installati animali rari o protetti. Abbiamo parlato di rifiuti di plastica, ma da dove vengono i rifiuti che il mare restituisce alle nostre spiagge? Una parte viene dalla pesca e dalla navigazione, ma la stragrande maggioranza viene da terra: da discariche illegali, a causa di una cattiva gestione dei rifiuti, di incuria o disattenzione, spesso trascinati in mare da fiumi, anche grazie alle alluvioni che spazzano via tutto quanto si è accumulato sulle strade. La plastica è la frazione più importante dei rifiuti che troviamo in spiaggia o in mare aperto, mentre sul fondale si accumulano anche metalli e gomme, solitamente più pesanti. Cosa si trova tra questi rifiuti? Quali sono gli oggetti più comuni, e quali i più strani che hai trovato? Frigoriferi, asciugacapelli, un computer, televisioni, gabinetti, tavoli e poltrone… la lista è infinita. Gli oggetti più comuni sono invece pezzi e cassette di polistirolo, sacchetti di plastica, flaconi e bottiglie, ruote, cicche di sigaretta, bastoncini di cotton fioc. La metà è monouso e un terzo viene da attività turistiche e ricreative: puntali d’ombrellone, bicchieri e cannucce, mozziconi di sigaretta, bustine di gelati, lozioni solari, materassini, occhiali e giocattoli, esche per la pesca, quantità incredibili di giocattoli dimenticati in spiaggia e imballaggi alimentari. Nelle reti dei pescatori abbiamo trovato innumerevoli materassini, palloni e palloncini... tutti oggetti innocui, all’apparenza, il cui destino è di frantumarsi in una nuvola di frammenti di plastica – la microplastica. È la banalità del male! Spesso infatti basta solo un po’ più di attenzione da parte nostra: non abbandonare un sacchetto alla mercé di gatti o uccelli che possono sparpagliare il contenuto in spiaggia. Molti animali, tra cui uccelli e tartarughe, si soffocano o si procurano occlusioni intestinali ingerendo grossi pezzi di plastica. I pesci e in generale i mangiatori di plancton ingoiano grandi quantità di microplastiche. Perché gli animali, di solito molto selettivi e schizzinosi, scambiano la plastica per cibo? Pare vengano ingannati dall’odore emesso dai microorganismi che colonizzano gli oggetti in mare. Uno degli oggetti più pericolosi per gli uccelli marini, per lo meno nei mari del sud dove è stata condotta una ricerca specifica, sono i palloncini – anche quelli cosiddetti biodegradabili, in lattice - perché aderiscono alle pareti dello stomaco, impedendo agli animali di assorbire il nutrimento. Il problema però non è solo l’ingestione: molti animali finiscono per imbrigliarsi in sacchi, cime, lenze, anelli galleggianti, rimanendovi intrappolati. Le spiagge delle isole più remote e disabitate sono coperte di plastica, che i movimenti dell’oceano trasporta. Grossi agglomerati di plastica galleggiante, che sono stati paragonati a isole, si trovano al centro degli oceani, dove nessuno produce rifiuti. Cosa ci dice questo? Che il mare non ha confini, e la spazzatura in mare si sposta. Lo abbiamo visto da vicino in questi mesi: ricorderete forse il caso dei famigerati ‘dischetti di plastica’ che si sono dispersi in mare in seguito a un incidente al depuratore di Capaccio. Le segnalazioni dei nostri volontari, che ne hanno raccolti quasi 200.000, hanno coperto mezzo Mediterraneo. Detto questo, però, è bene ricordare che a parte qualche caso isolato, gran parte della spazzatura che troviamo sulle spiagge italiane è nostra: quindi è da noi che deve partire il cambiamento. La plastica è un materiale estremamente longevo, potremmo dire eterno. Ma è stato ed è utilizzato ampiamente per oggetti “usa e getta”, “monouso”. Non ti sembra che ci sia un grossolano errore di fondo? Scherzando noi diciamo che la plastica, come un diamante, è per sempre. L’errore di fondo è proprio questo: la plastica è un materiale fantastico, leggero, resistente, impermeabile, duraturo che è assurdo utilizzare solo per pochi secondi. La plastica è l’invenzione che ha rivoluzionato in meglio le nostre vite: gli imballaggi aiutano i cibi a durare di più, la leggerezza e resistenza dei componenti in plastica consente ad auto e aerei di consumare meno, negli ospedali l’usa&getta evita di contrarre malattie contagiose. Ma usare stoviglie di plastica a casa o al bar solo per la comodità di non lavarle, è un controsenso. E non basta sostituire la plastica con la cosiddetta ‘bioplastica’ biodegradabile e compostabile: è proprio la cultura del monouso che dobbiamo superare, cercando di produrre meno rifiuti possibile. Per mille motivi: perché anche gli oggetti in ‘bioplastica’ vanno prodotti (magari all’estero, magari deforestando il Brasile o l’Asia), trasportati, smaltiti; perché comunque questi oggetti si biodegradano velocemente solo negli impianti industriali, ma se finiscono nell’ambiente ci mettono mesi se non anni a frammentarsi e nel frattempo, meccanicamente, pongono comunque un problema agli animali. Perché gran parte dei nostri impianti di trattamento dell’umido non sono ancora attrezzati a smaltire questi oggetti, che quindi vengono separati e buttati nell’indifferenziato. Insomma: nessun paese al mondo è in grado di gestire la mole di rifiuti che stiamo generando, e la cosa migliore che possiamo fare – è produrne di meno. Dobbiamo, tutti, iniziare a far più caso, e a ridurre, i rifiuti inutili che generiamo nella vita di tutti i giorni. A partire da cose banali come i mozziconi di sigaretta gettati a terra (di plastica, e intrisi di sostanze tossiche), ai palloncini liberati in aria per feste di ogni tipo, alla miriade di bottigliette d’acqua che acquistiamo ogni anno, sostituendole invece con la borraccia e l’acqua di rubinetto. Piccoli gesti che contano: sapete che ogni italiano in media beve 200 litri di acqua minerale l’anno? Sono l’equivalente di 400 bottigliette a testa, moltiplicato per decine di milioni… Sarà questo il focus della nostra partecipazione all’Eudi Show 2020, in cui avremo come lo scorso anno un grande stand grazie al supporto di Assosub. In estate abbiamo lanciato la campagna #spazzamare e regaleremo alcune borracce a chi ci porterà una foto delle proprie attività di pulizia di spiagge e fondali! Certo non riusciremo da soli ad arrestare il fiume di plastica che pervade le nostre vite e che è tracimato in mare. Il problema è così complesso che va aggredito da tanti fronti: quello legislativo, quello di gestione dei rifiuti, quello industriale… ma è indubbio che come consumatori anche noi possiamo avere un ruolo di peso. Clean Sea LIFE, poi, cerca di aiutare le autorità ad affrontare questa piaga con leggi e ordinanze che limitino l’immissione di nuovi rifiuti: abbiamo ad esempio contribuito a bandire la microplastica nei cosmetici in Italia. Recentemente Clean Sea Life si è distinta per l’attività di ‘pesca di rifiuti’, coinvolgendo i pescatori e le autorità locali di quattro porti italiani (Porto Torres, Manfredonia, Rimini e San Benedetto del Tronto) nella gestione dei rifiuti raccolti dalle reti. Il progetto ha mobilitato l’intera flotta a strascico sambenedettese nell’iniziativa “a pesca di Plastica”, che a partire da maggio 2019 ha sbarcato circa 24 tonnellate di rifiuti strappati ai fondali adriatici: abbiamo condiviso questa esperienza con il Parlamento per la legge Salva Mare che consentirà ai pescatori ma anche ai subacquei a conferire a terra i rifiuti che raccogliamo sott’acqua o fra le onde. E infine abbiamo convinto già tre Comuni a bandire il lancio dei palloncini, uno degli oggetti più sottovalutati ma più letali fra quelli che galleggiano in mare. Il nostro motto è: tutti insieme per un mare pulito!




Fonte: Scubaportal.it - Massimo Boyer

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